Il latte e le uova potranno mai essere “etici”?

Molti di noi tendono a non pensare agli animali che mangiano. Non vogliamo sapere dove abbiano trascorso le loro vite e come siano finite, né cosa abbiano dovuto sopportare, ed è difficile che qualcuno li abbia mai considerati degli individui in sé: se fossero madri, avessero degli amici, fossero estroversi o timidi. Quanti sono turbati dalle inutili sofferenze degli animali d’allevamento scelgono di diventare vegetariani, ma sempre più persone stanno iniziando a comprendere che la stessa sofferenza che non accettano nell’industria della carne è presente anche nell’industria delle uova e del latte. È solo meno evidente.

La prova che gli animali sono morti per la carne è in ogni nostro piatto. Non possiamo negarlo. Eppure, quando mangiamo un uovo, soprattutto se venduto come “da allevamento a terra”, la nostra coscienza si tranquillizza nell’immaginare che la gallina che lo ha deposto in questo momento è libera a razzolare in un campo e a crogiolarsi al sole. E quando aggiungiamo il latte al nostro caffè o ai nostri cereali, possiamo pensare alla mucca da latte che lo ha fornito e sperare che si stia godendo la giornata fuori nei prati.


Ma non è proprio così che funzionano gli allevamenti intensivi.

Le galline ovaiole sono state appositamente selezionate per deporre il maggior numero di uova possibile con il minimo del mangime. Ecco dove sta il profitto. In Italia, il 60% delle galline ovaiole è allevato in gabbia (nonostante ciò che si crede, le gabbie non sono affatto bandite, basta che siano state dotate di un posatoio), e il 40% è allevato a terra. Ma fra quelle allevate a terra, solo l’8% è allevato all’aperto (3% all’aperto e 5% con metodo biologico), libero di razzolare nell’aia. La maggior parte di loro è reclusa in hangar di tipo industriale, con decine di migliaia di altri volatili. Se il meteo lo permette, potrebbero avere accesso all’esterno, in un’area che non è nulla più di un cortile sporco, e molte di loro comunque non ci arriveranno mai: le galline sono territoriali e le più deboli fra loro non avranno mai il coraggio di uscire dalla propria unità per arrivare all’aperto.

Indipendentemente dal metodo d’allevamento, che sia a terra, in fattoria, biologico o in gabbia, vi è un oscuro segreto nel cuore dell’industria delle uova: i pulcini maschi. Alla schiusa delle uova, per ogni pulcino femmina che verrà allevata per deporre uova, ci sarà un pulcino maschio che però le uova non le fa. E da adulto sarà troppo ossuto per essere allevato come pollo da carne: così non ha senso sprecare cibo per farlo crescere. Verrà ucciso il giorno stesso della schiusa dell’uovo, soffocato con il gas oppure tritato vivo. Non c’è alcuna pietà negli affari.

Non che le cose vadano meglio alle mucche. Per poter produrre latte, una mucca, come tutti i mammiferi, deve prima rimanere incinta, ma non è il suo vitello che vogliamo, bensì il latte a lui destinato. Se il nuovo nato è femmina, verrà strappata a sua madre dopo pochi giorni e alimentata a sostituti del latte, così che il latte che sua madre produce per lei possa essere invece venduto. La vitellina crescerà e seguirà il destino di sua madre nella filiera del latte, e come sua madre subirà lo stress di ripetute gravidanze, nascite e quasi costante lattazione. Anche lei sarà sfinita all’età di cinque o sei anni: l’industria la definisce “esaurita” e la destina al macello. Sua figlia prenderà il suo posto, e così per sempre.

Per i vitelli maschi, il futuro è ancora più breve e misero. Non possono produrre latte e spesso sono della razza sbagliata per diventare manzi. Alcuni vengono allevati alcuni mesi per esser trasformati in carne di vitello, mentre la maggior parte viene semplicemente uccisa poco dopo la nascita, solo perché vogliamo il latte che la madre produce per loro.

Che siano maschi o femmine, comunque, la separazione dei vitelli dalla loro madre è devastante per entrambi. Da tempo si sa che le mucche soffrono per la perdita dei loro cuccioli, e alcune muggiscono per giorni, chiamando disperatamente i loro piccoli perduti. Il prezzo emotivo che pagano è incalcolabile. Lo smaltimento dei vitelli maschi è di routine sia nelle fattorie biologiche che negli allevamenti intensivi. È insita proprio nella natura di questo processo industriale.

Scegliere alternative più compassionevoli è abbastanza semplice: possiamo, ad esempio, scegliere un latte vegetale per il cappuccino o per i cereali del mattino, e i sostituti dell’uovo per le frittate o nei nostri prodotti da forno. Non abbiamo bisogno di prodotti di origine animale, e sempre più persone stanno scegliendo alternative vegetali più etiche proprio per evitare di contribuire a queste indicibili sofferenze.


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